mercoledì 7 maggio 2014

Biscotti di Kamut con gocce di cioccolato e olio extra vergine d'oliva Bimby

Vi posto la mia personalissima ricetta di questi biscotti da fare con il Bimby (o anche senza per i più esperti). Ho voluto provare la variante dell'olio EVO al posto del burro in quanto più salutare e leggero. Le seguenti dosi sono raddoppiate per avere più biscotti, altrimenti finiscono subito! Vi consiglio di suddividere l'impasto in due volte o in alternativa finito il procedimento impastare un po con le mani... 

Ingredienti:
40 g di nocciole
120 gr di olio EVOpò con 
200 gr di zucchero di canna
2 uova
1/2 cucchiaino di lievito per dolci
500 gr di farina di Kamut
1 pizzico di sale
gocce di cioccolato a piacere
1 bustina di vanillina
10 gr di latte 


- Tritare nel boccale le nocciole 5 sec./vel.7
- Aggiungere olio, zucchero, uova e amalgamare 30 sec./vel.4
- Unire lievito, farina, sale e latte (in realtà io per il latte ho fatto a occhio) 1 min./vel.4 
- Unire le gocce di cioccolato 20 sec./ANTI/vel.3
- Lasciare riposare in frigo per 20 minuti poi spianare l'impasto e fare i biscotti con le formine che più vi piacciono.
- Cuocere in forno a 180° per circa 15 minuti.


Enjoy!!!

P.s. Il gusto particolare dell'olio EVO può non piacere a tutti... 

26 ottobre 2010

Ero arcistufa di starmene chiusa in casa a farmi paranoie sul mio futuro e sulla situazione di crisi che mi assillava in quei giorni. Stavo per compiere trent'anni, stavo per perdere il mio posto di lavoro, ero nel bel mezzo di una storia sentimentale piena di controsensi, e con un passato alle spalle pieno di buche ancora da riempire.
Non so se fu Jhon Coltrane, il tè al gelsomino o la mia amica N. a darmi la spinta per uscire da quel guscio che è la mia stanza, ma pensai comunque che fare due passi mi avrebbe fatto bene.
Dovevo incontrarmi verso sera con la mia vecchia insegnante di Tedesco del liceo, così decisi di anticipare l'uscita proponendo a N. di incontrarci al mercato e di fare un giro in centro. Ora che ci penso non c'è aggettivo più sbagliato di "vecchia" per definire la mia insegnante. Tre matrimoni alle spalle di cui uno con un uomo più giovane di lei di circa vent'anni, una vita sempre in viaggio, una di quelle classiche donne dall'aspetto giovanile e belle anche a cinquant'anni, con tante esperienze da poterci scrivere un libro, femminista convinta e molto sicura di se. Stava per partire nuovamente, le avevano affidato una qualche cattedra dall'altra parte del mondo e cercava qualcuno che le "guardasse" la casa durante i suoi tre anni di assenza.
Non feci in tempo a parcheggiare la mia macchina, che N. mi chiamò sul cellulare per dirmi di raggiungerla davanti ad un negozio di chincaglierie di cui non ricordo mai il nome.
L'aria era umida e fresca, un tipico giorno autunnale in cui si cominciano ad indossare i cappelli di lana per non prendere freddo alla testa e il cielo grigio fa da padrone. Ero raffreddata, ma pensai che se dovevo ammalarmi tanto valeva farlo per bene, così me ne sarei stata a casa per qualche giorno evitando i miei problemi per un pò.
Entrammo nel negozio ed eccolo lì. Il regalo di Natale per il mio uomo appeso in bella vista. Una stampa decorata con in mezzo una fotografia di New York . Il mio lui aveva passato le sue ferie estive lunghe un mese a New York, senza di me. Vedere la grande mela era sempre stato il suo sogno, così la nostra vacanza insieme in Europa da fare a settembre, si era trasformata in una vacanza da solo ad agosto. Non avevo fatto troppe storie, eravamo in crisi a causa delle nostre diverse esperienze e delle nostre enormi divergenze caratteriali, così alla fine l'idea di una separazione mi era sembrata tutto sommato una buona idea.
C. è un artista, di quelli veri, con tutto il suo bel pacchetto completo in dotazione fatto di grandi momenti di esaltazione e improvvisi avvilimenti, ricercatore del bello, incline ad annoiarsi facilmente, amante di una vita fatta di eccessi, capace nei rapporti di portarti alle stelle in un secondo e alle stalle l'attimo dopo. New York, la città delle gallerie d'arte, della vita mondana per eccellenza, delle grandi opportunità, per lui era stata un'esperienza incredibile...peccato che al suo ritorno, oltre ad una sciarpa e a delle cartoline, mi aveva portato l'idea di trasferirisi là definitivamente perchè aveva trovato un qualche aggancio per un improbabile lavoro e qualche contatto con una galleria d'arte.
Un mese e qualche agonia dopo aveva deciso che sarebbe stato disposto ad aspettarmi perchè non voleva partire buttando all'aria la nostra storia. Vi starete chiedendo qual'era la mia posizione in tutto questo e probabilmente il perchè non volevo partire e trasferirmi in una delle città più belle del mondo. La verità è che non me la sentivo di lasciarmi alle spalle tutto e tutti per una storia che faceva acqua da tutte le parti e che a mio avviso doveva fare ancora molta strada prima di affrontare dei cambiamenti così radicali. I dubbi erano maggiori delle certezze, in una misura troppo insostenibile da poter essere glissati con un semplice "Lo amo, mi ama e questo basta".
Quel quadro poteva essere un modo per dirgli "Ehi, sono qui e non ho scartato del tutto l'idea ma prendiamoci un pò di tempo".
Lo lasciai lì e riprendemmo la nostra passeggiata.
 N. è una delle mie più care amiche e anche l'unica ad essere veramente "sistemata", per quanto questa parola possa valere al giorno d'oggi. Vive in un appartamento easy chic in centro, con Max, il suo ragazzo. Stanno insieme dalle superiori, una di quelle rare storie nate nell'adolescenza che hanno funzionato.
Hanno avuto la fortuna di trovarsi, di essere razionali, di fare delle buone scelte, di essere abbastanza in sintonia e di ereditare un appartamento in centro dai genitori di lui. Hanno un lavoro abbastanza sicuro e stanno progettando di avere un figlio.
Così stavo immersa in conversazioni relative al Natale, ai pensierini da comprare ad amici e parenti, a come investire soldi in quadri che avrebbero acquistato valore nel tempo e ogni tanto riuscivo a sfogarmi sulla mia attuale situazione ironizzandoci sopra.
A. la mia insegnante, mi chiamò per rimandare l'incontro così decisi di prolungare il nostro giro. N. voleva portarmi all'Atelier, il famoso negozio di vestiti super chic aperto da una sua amica di cui mi aveva tanto parlato.
Entrare lì fu l'errore più grosso che potessi fare. Non sono una ragazza fissata con i vestiti, le scarpe e lo shopping sfrenato, ma lì dentro, se avessi potuto, avrei speso una fortuna. La disposzione degli abiti, i modelli dei vestiti, l'arredamento, tutto diceva: bello e... proibitivo per le mie tasche! Il colpo di grazia  mi fu inferto dalla successiva conversazione su quanto fosse importante vestirsi in un certo modo ed avere un certo stile di vita. La proprietaria era una delle ragazze più mondane e conosciute della mia città perchè aveva gestito insieme al fratello uno dei locali più in voga negli anni novanta facendo una fortuna. Aveva aperto questo negozio secondo i suoi gusti e i suoi desideri e non potevo fare a meno di ammirarla. E tanto per sottolineare, aveva un tatuaggio sul braccio con scritto "Te quiero New York".  Ascoltavo in silenzio, con un misto di desiderio e relativo senso di colpa, analizzando mentalmente cosa avevo addosso e tappando il buco che avevo sotto la tasca del mio giubbotto di pelle, con la consapevolezza che forse tra pochi mesi, se non avessi trovato un altro lavoro non avrei potuto nemmeno permettermi una cena in pizzeria, figuriamoci abiti e scarpe costose.
Quando uscii dal negozio, persi l'orientamento ma riacquistai un pò di me stessa, pensando che erano altre vite, altri mondi, che non mi appartenevano e che in fondo dei vestiti non mi era mai importato molto. Ma sotto sotto, pensai anche che se avessi trovato un nuovo lavoro o non avessi perso il mio, mi sarei tolta lo sfizio di comprarmi quel cappotto su cui avevo lasciato gli occhi.
Restai disorientata durante tutto il tragitto verso casa e mi portai a letto quella sensazione.
Poi pensai ad una frase che avevo sentito qualche giorno prima in un qualche racconto:  "Sono ancora qui" e mi addormentai.